Debutta mercoledì 4 dicembre, alle
ore 21 nella Sala Strehler del Teatro Biondo di Palermo, Like
Kiribati - delirio finale di Giuseppe Provinzano, con Sergio
Beercock, Noa Di Venti e Chiara Muscato. Le scene sono di Petra
Trombini, le luci di Gabriele Gugliara, i costumi di Vito
Bartucca, musiche di Sergio Beercock. Repliche fino a domenica 8
dicembre.
Prodotto dal Teatro Biondo insieme a Babel, con il sostegno
dello Spazio Franco e in collaborazione con Latitudini - Rete
per la scena contemporanea siciliana, lo spettacolo completa la
Trilogia della crisi, che Provinzano ha dedicato alle grandi
questioni che minacciano la sopravvivenza della nostra civiltà e
del nostro pianeta.
Kiribati è il nome di un piccolo arcipelago del Pacifico
destinato a scomparire a causa dell'innalzamento dei mari, come
conseguenza del surriscaldamento della Terra. Provinzano
immagina che al centro dell'isola dalla quale l'arcipelago
prende il nome si confrontino gli ultimi tre sopravvissuti.
Aggrappati alla vita con tutte le loro forze, i tre non si
arrendono, abbandonandosi alle emozioni: piccoli gesti concreti,
rimorsi, rancori, immaginazioni, ricordi. Fuggono dalle loro
profonde paure mentre coltivano fragili speranze, si tengono ben
stretti agli ultimi aneliti di vita, mentre la natura si
riprende ciò che è suo.
Tre approcci distinti a un futuro distopico, di fronte al quale
le prospettive dell'umanità sembrano svanire: un confronto
relazionale ed emozionale, onirico ed ironico, a tratti
delirante ma profondamente tenero, come tenera è la nostra
esistenza, che si rivela sempre più simile a un fallimento
collettivo, il fallimento dell'umanità stessa davanti alla
Natura.
«Like Kiribati - spiega Provinzano - posa il suo sguardo su ciò
che potrebbe accadere o che, forse, sta già accadendo non troppo
lontano da noi. Potremmo essere in un'isola del Pacifico così
come in tutte quelle terre che, in questi ultimi tempi, stanno
subendo l'inconsistenza delle nostre urbanizzazioni, un futuro
lontano ma non troppo. Like Kiribati è una riflessione sulla
resistenza, sull'abbandono e su ciò che, anche quando tutto
sembra perduto, ci rende ancora umani: perché, diciamocelo
chiaramente, non è la Terra in quanto Pianeta in crisi… ma lo è
la nostra esistenza su di essa, perché lei, la Terra, dopo
averci sopportato, ci sopravviverà»
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